Settimana lavorativa #5

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02/07/06 Pausa di riflessione. Se non ho qualcosa di buono da dire, non mi sento obbligato ad annoiare i miei lettori.
01/07/04 Ieri era l'ultimo giorno di lavoro di una mia collega. Niente a che vedere con la Questione, era una decisione presa già da tempo. Per altro, aveva approfittato in precedenza per fare una settimana di vacanza, ma non mi era mancata tanto perché sapevo che l'avrei rivista. Oggi però non c'era più, e so che non la rivedrò facilmente. Così, dato che un test che stavo facendo era molto lungo ed avevo esaurito le mansioni di routine ordinaria da fare nel frattempo, ne ho approfittato per dedicare qualche minuto a vedere il suo codice.
Ognuno ha il suo modo di scrivere un programma, così come ognuno ha il suo carattere ed i modi per esprimerlo agli altri. Nonostante i molti vincoli (la guida alla programmazione stilata dalla ricerca centrale raggiunge le 150 pagine), ed il fatto che i problemi che andiamo a risolvere poco lascino all'immaginazione, riconosco bene i differenti stili. Io Lei la vedo bene in quel sorgente, con quel modo un pò sbarazzino ma funzionale di risolvere certi problemi, quei programmi un poco verbosi ma che non ti annoia leggere, proprio come quando la stavo a sentire più che a parlarle, perché è un poco chiaccherona ma tanto simpatica...Lei adesso lavora in un'altro posto, ma è ancora qui.

Anche io andrò da qualche altra parte, dove ancora non so. Ma il mio codice, come quello della mia collega e dei miei colleghi, rimarrà per diversi anni ancora, funzionale. In un modo o nell'altro, in Italia, in Ungheria od in Polonia, mete possibili della nostra delocalizzazione, ci sarò ancora. E mi terrò nel cuore certi momenti.

30/06/04 Oggi ho lavorato sodo per togliermi di torno alcuni FEKAT, mi hanno detto di un messaggio in bacheca che riguarda il gruppo che ha ricevuto la lettera di esternalizzazione, ma non ho avuto tempo di guardarlo.

Nulla di nuovo per noi, comunque.

29/06/04 Apparentemente l'assemblea di ieri ha fatto da valvola di sfogo, nessuna manifestazione particolare di preoccupazione, se non gli ormai consueti discorsi alla macchinetta del caffè.
Forse l'unica notizia è una non-notizia, vale a dire che nessuna comunicazione formale di esternalizzazione del nostro gruppo è stata consegnata, mentre la notifica è già arrivata ad altri due gruppi.

28/06/04 Oggi terza assemblea dei lavoratori per le esternalizzazioni in corso.
Se la prima era stata indetta sull'onda dell'emotività, e la seconda solo un poco più ragionata, tutto mi lascia supporre che quest'ultima raccolga quello che è il termometro della situazione un poco più a freddo. Se così è, la temperatura rimane piuttosto elevata. Dopo una breve, ed efficace, prolusione dei delegati sindacali con il punto della situazione attuale, è seguita la consueta fase di interventi liberi da parte degli intervenuti. Due dei quattro interventi hanno apertamente sconfessato la linea sindacale di moderazione nella protesta sin qui condotta, bollandola come "troppo accondiscendente" e "scarsamente efficace".

Intendiamoci, essendo iostesso parte integrante del processo di esternalizzazione non posso, per forza di cose, averne una visione rigidamente razionale ed obbiettiva. Sono rimasto stupefatto tuttavia di quanto profonda è stata la ferita inferta da questo processo. E' come un acido, che con il tempo ha corroso ulteriormente l'animo dei miei colleghi, scavando delle buche, talvolta delle caverne, nelle più o meno consolidate convinzioni di ciascuno. Solo così mi posso giustificare interventi di questo tipo in una realtà, è bene ricordarlo, scarsamente sindacalizzata e usualmente refrattaria a forme eclatanti di protesta. Circa un quarto dell'uditorio ha applaudito a questi interventi, e nelle faccie degli altri, pur vedendo una certa riprovazione, non si nascondeva una amara delusione. E' la sindrome del "il prossimo della lista sono io", "se fanno fuori questi, io che sono meno qualificato di loro cosa farò?", "hanno già deciso tutto: fra qualche anno rimane solo il commerciale".
Questa sofferenza era talmente palese che un delegato sindacale si è sentito in dovere di mettere in evidenza che, in una trattativa sindacale, "chi troppo vuole nulla stringe", ed un secondo ha ipotizzato, per accontentare la folla, uno sciopero bianco delle ore straordinarie.

Per la prima volta, io sono più ottimista dell'uditorio che mi circonda. E non è un segnale positivo.

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