Settimana lavorativa #39

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06/04/05 Esiste il fumo passivo, ma anche il meno noto ed altrettanto pericoloso "passaggio di consegne" passivo. Per tutto il giorno, oggi e pure domani, il mio collega dirimpettaio di scrivania è di turno come tutti presto o tardi, in questa delicata e tortuosa operazione.

Il travaso della conoscenza con l'imbuto come facciamo noi ha infatti una vaga connotazione di tortura medioevale: si parla tutto il giorno "questo componente fa questo, questo fa quello, ma non quell'altro fatto da alfa, figlio di beta.." ed il poveraccio ungherese di turno che con sguardo misto di incredulità e scettismo ti ascolta e se ne ancora la forza, interloquisce in qualche maniera.

Come quei pubblicizzati corsi di lingue sotto ipnosi nel sonno, il passaggio di consegne passivo ipnotizza a livello subconscio e mi permette di avere a tratti un'infarinatura di componenti del sistema che prima mai mi sarei sognato di avere, anche se quando mi è toccato fare un lavoro molto impegnativo questo chiacchericcio tecnologico mi è molto pesato alla fine.

A fine giornata, io avevo mal di testa, chissà loro...

04/04/05 Oggi altra riunione per un altro passaggio di consegne, questa volta Chiara si rappresenta come capo di sé stessa di fronte ai colleghi ungheresi. Solo il mio gruppo infatti è destinato ad essere trasferito in una high cost location come la Germania, ma la sostanza del trasferimento rimane quella. A differenza di prima però c'è meno commozione, dato che per noi gli ungheresi sono dei perfetti sconosciuti, diversamente dai nostri colleghi tedeschi. Niente malinconie o sensi di addio quindi.

La differenza si sentiva, nel senso che nel blocco di scrivania di Chiara non c'era nessuno, e non ho sentito volare una mosca. Essendo un gruppo praticamente al femminile, la cosa non è sorprendente....
Ironia a parte, preferisco un ufficio un poco incasinato e vivo ad uno silenzioso e morto. E voglio bene alle mie colleghe, anche se a volte non sembra...so già che quando passerò ad un'altra reltà lavorativa ne sentirò, non nelle orecchie, la mancanza.

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