Gente, gente, gente...
Ci sono moltissimi pedoni, ne sbucano dal sottosuolo, dai negozi, dalle striscie pedonali, dai centri
commerciali. Ridono, parlano, lavorano. Sono tanti ma non c'è confusione: sono abituati a camminare
tutti assieme e pur senza un ordine particolare è una folla disciplinata.
Pure i vestiti sono disciplinati: anche quando non sono firmati o ricercati hanno qualcosae di scolastico,
vagamente imposto ed ottemperato. C'è un ordine nel caos urbano che in Italia non esiste.
Trrrr, trrr, trrr...
Le palline scendono incessanti, come la pioggia nei temporali estivi, di fronte ad una platea di persone
rapite dalla cascata di biglie d'acciaio. La trance ipnotica è garantita anche dal sottofondo di musica
tecno e dalle urla della speaker giapponese. Dalle dieci del mattino a notte fonda, alienazione assicurata.
E' il pachinko, gioco nazionale giapponese, un incrocio tra il flipper, videogames ed il lotto.
Le palline scorrono di continuo dall'alto verso il basso, e se seguono certi percorsi si vincono altre palline, e con un numero
sufficiente di palline extra si vincono vari premi. La gente passa ore ed ore in questo modo.
Silenzio, silenzio, silenzio...
L'aria è immobile, il ruscello scorre senza fare rumore. Il prato, le siepi, gli alberi riempiono la vista
e l'animo. Da principio non capisci, non avverti cosa guardi. Poi inizi a vedere.
Piano piano il giardino si impadronisce di te.
L'acqua ti scorre dentro, il verde ti riempie la testa, l'armonia di riempie l'anima.
Ti ristora, ti fa sentire meglio.
Ghiaia, ghiaia, ghiaia...
Kyoto. Il più famoso tempio Zen del Giappone. Non c'è alcuna dimostrazione di grandezza esteriore.
Il tempio è una capanna semplice e minimalista. Non c'è nulla da vedere. O meglio tutto è stato fatto
in modo che non ci sia nulla che attiri l'attenzione.
Il giardino Zen è un piccolo rettangolo ricoperto di ghiaia accuratamente disposta e rastrellata.
Completamente piano, a parte due collinette di ghiaia disposte in maniera leggermente asimmetrica.
Non capisco, non riesco a capire. Vedo e non comprendo. Mi sforzo di guardare. Non distolgo lo sguardo,
fisso l'attenzione. Un monaco dietro di me parla in un inglese improbabile ad alcuni turisti.
Non spiega nulla, gli fa recitare una preghiera in giapponese, spiegandola poi alla fine in modo molto
approssimativo. E' una invocazione, una richiesta d'aiuto: fammi vedere meglio!
Sono sotto l'orario di chiusura. Gentilmente sono invitato ad uscire. Ma non sono riuscito a capire. Il dubbio mi rode, il tarlo mi rimane.
Tokio Narita. Gli aereoporti mi stupiscono sempre, pur nella loro rigida impostazione funzionale sempre uguale in tutto il mondo. Stranamente una megalopoli di sedici milioni di abitanti non produce folle di turisti o lavoratori sullo scalo. Anche qui la gente si organizza, non è caotica o disordinata. Ci si dispone in file parallele serpeggianti tra depositi temporanei di bagagli e punti di ristoro. Dall'alto della scala mobile vedo l'area delle partenze sottostante come...come quella ghiaia rastrellata in file ordinate del giardino Zen.
Quel sassolino sono io, siamo noi. Se non guardi le cose da un certo punto di vista, non te ne accorgi. Se ti disponi bene, in metropolitana ci sta più gente per vagone. Se cammini in un certo modo, per strada si procede meglio anche con la folla. Se sei in armonia con gli altri, lo sarai anche con te stesso.
Non ci riusciremo mai...ma è bello tentarci almeno qualche volta.