17/09/04 |
Scusate se questa settimana non ho fatto aggiornamenti puntuali ogni giorno, ma causa
la presentazione dei film del Festival di Venezia sono stato molto occupato.
La finzione cinematografica, se bene confezionata, è sempre d'aiuto a comprendere la
realtà, indipendentemente dalla "serietà" o "pesantezza" dell'opera. In particolare in questa
rassegna è presente un film che non mancherà di far riflettere ulteriormente il lettore di queste
pagine: Volevo solo dormirle addosso, di Eugenio Cappuccio. Direttamente dalla scheda critica
riporto la trama:
Marco Pressi è un manager trentenne che lavora in una grande multinazionale,
la MTI. Un giorno i capi gli propongono di cambiare ruolo: dovrà occuparsi di
ridurre il personale. Marco accetta e innesca una corsa contro il tempo. Dovrà
stringere nuove alleanze e tradire vecchi amici. Si renderà conto ben presto che
ha accettato una gara dove ci sono solo due premi: il primo è la sopravvivenza,
il secondo la propria stessa morte lavorativa. Non gli sarà d’aiuto Laura, la
sua “quasi fidanzata”, cui Marco non dà quello che lei chiede, lui vuole solo
“dormirle addosso”. Non gli sarà d’aiuto la resistenza di chi non vuole piegarsi
alla volontà della multinazionale. Non gli sarà d’aiuto conoscere l’incarnazione
di un sogno di nome Angelique. Non gli sarà d’aiuto la sua strana vita
notturna milanese. Non gli sarà d’aiuto Jean Claude, plenipotenziario della MTI
in Italia. Non gli sarà d’aiuto il tempo che scorre inesorabilmente. Ma Marco
Pressi non mollerà e dando fondo a tutte le sue risorse raggiungerà il target. A
modo suo, ma lo raggiungerà.
Se riuscite a trovare un cinema che lo proietta, fateci un pensiero. E se non lo
guardate, rifletteteci lo stesso: realtà e finzione si toccano molto più spesso
che non si pensi. Per i milanesi, domani sera, ore 20:00 cinema Plinius.
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16/09/04 |
Oggi e domani rappresentanti di Siemens Informatica, il nostro (futuro) datore di lavoro,
intervisteranno alcune persone del nostro gruppo per prendere maggiore conoscenza della
nostra realtà. C'è una certa attesa, dato che se loro "misurano" noi, noi vogliamo fare
altrettanto. Non abbiamo infatti una idea precisa di quello che faremo, e come, ed è
inutile dire che questo rappresenta un motivo di apprensione per molti.
Si teme sempre ciò che non si conosce, ma non dobbiamo temere di conoscere.
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15/09/04 |
Ieri è stato firmato l'accordo sindacato-impresa che sancisce alcuni patti collaterali tra il
nostro gruppo e l'azienda per quanto riguarda tutti quegli aspetti al di fuori della normativa
relativa alla cessione del ramo d'azienda ma parte integrante del nostro attuale contratto
di lavoro. L'accordo è stato preparato e siglato alla prima udienza, segno che l'azienda
aveva fretta di chiudere una partita potenzialmente pericolosa nel più breve tempo possibile.
Nulla di particolarmente eclatante, in pratica il tutto si riduce a limitare la libertà di
azione della controparte laddove è fattibile. Ad esempio dichiarando che eventuali cambi di
sede di lavoro dovranno essere comunicati alla rappresentanza sindacale. Inoltre deve essere
avviato uno screening per individuare l'esperienza e le conoscenze individuali di
ciascun esternalizzato, per meglio identificare eventuali percorsi formativi nella nuova
realtà aziendale. E che per tutte le clausole contrattuali al di fuori del contratto nazionale
verranno eventualmente esaminate in fase di armonizzazione contrattuale su base collettiva.
E' bene precisare che l'azienda non è obbligata ad armonizzare la gestione contrattuale
attuale con quella della nuova realtà, ma se non lo farà, l'attuale contratto farà fede.
In pratica vuol dire che senza armonizzazione seguiremo il nostro attuale orario lavorativo
e la flessibilità mensile, e più o meno tutte quelle piccole cose che integrano il contratto
collettivo.
Poco, tanto? Io sono dell'idea che se l'azienda chiede flessibilità, deve anche darla in cambio.
Mano a mano che il lavoro diventa tecnologicamente raffinato, l'individuo conterà sempre più,
e le attuali rigidità saranno via via sempre più artificiali. La flessibilità per essere efficace,
deve venire non solo dall'alto verso il basso, ma anche dal basso verso l'alto. Ma per questo
occorrerà molto più tempo....
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13/09/04 |
Oggi riunione con i sindacati per discutere l'aspetto tecnico della procedura di esternalizzazione.
Tema molto importante, dato che determinerà quanti "benefici" contrattuali manterremo durante e dopo
l'esternalizzazione e quanti no.
Data la complessità dell'apparato normativo (il solo contratto nazionale della categoria
è un libretto sulle 150 pagine), il lavoro non è semplice. A queste bisogna aggiungere le clausole
contrattuali specifiche della nostra attuale realtà aziendale e quelle relative alla ditta cui
verremo esternalizzati.
Fortunatamente le due entità aderiscono al medesimo contratto, ma pure così il processo di armonizzazione
delle due differenti realtà contrattuali occuperà, a detta dei sindacati, qualche mese.
Condesando, io, dipendente, stipulo un contratto con una persona giuridica, e tale contratto
vale fino a quando non lo risolvo col mio datore di lavoro. Questo concetto
si mantiene anche quando il datore di lavoro cambia, per effetto di riassetti societari, la struttura
aziendale. Per cui, anche al mutare della compagine aziendale, io mantengo il contratto originario.
Senza essere esternalizzato, io sono già un ex, dato che nel tempo intercorso tra la mia assunzione ed ora,
la vecchia Siemens Telecomunicazioni Italia (STI) è diventata Siemens Mobile Communication (SMC).
Non senza un filo di involontaria ironia, io sono un ex-STI e sarò un ex-STI-ex-SMC.
Nelle società arcaiche una persona veniva identificata dal suo albero genealogico, tipo "io sono A
figlio di B proveniente da C". Contrattualmente si viene identificati per quello che, nostalgicamente,
si era.
Io sono quello che ero, ma voi siete quello che siete?
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